NOTE SOPITE (Download)
Qualcuno mi disse, un giorno, che non vi sono problemi sinché ci si innamora
solamente di un dettaglio: delle labbra, degli occhi, del sorriso, delle
mani, dell'intelligenza di un uomo. I problemi soggiungono quando si brama
la totalita di esso, dal suo respiro ai suoi capelli, dalle sopracciglia
alle dita dei piedi.
Eppure io soffrivo per una voce, per la sua voce. Mentre le sue labbra placidamente
scandivano note sentivo il mio cuore spezzarsi piano, ogni vibrazione di
quella gola si ripercuoteva sulle fragili fibre del muscolo che custodisce
il sentimento.
Mi domando se sia possibile amare cosi incondizionatamente un solo acerbo
dettaglio, un miele asprigno che pareva sulle mie labbra come il piu zuccherato
dei doni.
Era la sua musica, la sua dolce voce a richiamar in me le immagini dell'amore,
erano le note che calpestava con il suo irruento fraseggiare, le note che
soffiava nel proprio strumento quando le parole non bastavano, a esprimere
il proprio animo.
Era un appuntamento galante quello che m'attendeva ogni sera, quasi un rito
la preparazione che precedeva tale attimo di sublimazione dei sentimenti.
L'acqua della doccia scorreva veloce sulla mia diafana pelle, cacciando
cio che di nefasto vi si era avvinghiato nelle lunghe ore diurne. Poi nuda,
celata solo dal mio asciugamano, i capelli raccolti ordinatamente sul capo,
le gote vermiglie per l'eccitazione, varcavo la soglia della mia camera,
per stendermi tra le lenzuola.
Giacevo cosi, per ore, mentre le note spiravano piano tra le assi, inondando
ovattate il mio appartamento dalle fessure sottili.
Erano tali suoni a stuzzicar il mio fantasticare, le emozioni che tale voce
riverberava nel mio cuore, quasi come il sole fa sulla neve compatta.
Sempre differenti sfumature coglievo in quell'animo inquieto, sempre un
nuovo volto si palesava alla mia mente, coniato dalle note stesse, perfezionato
dal sottile duello della voce contro il saxofono.
Addirittura, a tratti, nella mia mente si palesava il pensiero che fossero
due gli uomini che si sfidavano musicalmente, uno armato della propria gola,
l'altro dello strumento. Eppure coglievo sempre, infine, un sentimento di
fondo, una voce che si palesava perfino nelle strazianti note dell'ottone,
che mi rivelava un'unica indistinta sagoma, un unico astratto amore.
Per mesi avevo condotto tale vita, dipingendo nella mia mente un uomo dall'aspetto
multiforme, un giovane dalle mani squadrate, e i capelli lunghi e scuri,
o forse un ragazzo biondo dai grandi occhi chiari, o addirittura un maturo
signore dalla chioma cremisi coperta da fiocchi di neve.
Eppure, nonostante le fantasie ispiratemi da quelle note, non avevo mai
fatto alcunché per avvicinarmi a quel mitologico essere, mi ero limitata
ad ascoltare, ospite invisibile di tanta passione serale.
Erano le note le vere amanti delle mie notti, non la sagoma scura che tormentava
i miei sogni, desiderosa d'esser svelata in un immagine reale e concreta,
erano gli origami di pensiero della mia mente pervasa dalla musica piu che
le mani tiepide di quell'uomo che sentivo sfiorarmi al posto delle lenzuola.
Fu con terribile angustia che una notte, scivolando tra le coperte, non
udii quella voce scivolar tra esse, neppure il suono del saxofono squarcio
l'aria immota in quelle lunghe ore. Dormii sonni agitati, e il giorno dopo
fui risvegliata da una triste novella.
Una donna anziana, il volto lacrimoso e le mani tremanti che recavano in
dono una busta chiusa, s'era presentata al mio uscio e commossa m'aveva
stretto in un abbraccio, soffocando tra le mie vesti i propri singhiozzi.
L'avevo stretta con dolcezza, placandone il dolore per il tempo necessario
a proferir poche parole. Mi aveva sorriso, ponendomi tra le mani la lettera,
e informandomi della data d'un funerale.
Turbata, appena ero rimasta sola, avevo liberato il contenuto della busta
candida e ne avevo letto le eleganti frasi con raggelata curiosita.
La grafia sicura e piccola, decisamente maschile, aveva risvegliato in me
la speranza di trovar notizie della mia musica, ma subito in un sospiro
desolato m'ero dovuta ricredere.
“Ho sentito su di me l'attenzione dei suoi sensi, ho ripercorso per lei,
giovane donna che non ho avuto l'ardire di conoscere, le mie piu remote
emozioni.
Ho richiamato alla gola le canzoni che animarono un tempo la mia giovinezza,
rinvigorendole con l’esperienza e la passione che solo la caducita umana
puo imprimere nel suono.
Spero che lei si sia accorta che il mio era il canto del cigno, l'ultimo
tributo alla vita, l'ultimo dono d'un uomo prossimo alla morte a una donna
nel fiore degli anni.
Non posso dirle d'averla amata quanto lei ha amato la mia musica, ma di
certo posso affermar d'aver amato la mia musica quanto lei l'ha certamente
adorata.
Con questo dono, m'appresto a varcar la soglia della morte, il cuore in
pace.”
La sua firma era una svirgolata scura, incomprensibile ai miei occhi offuscati
da una lacrima cristallina.
Non ho mai compreso come quell'uomo avesse saputo che ogni notte ne ascoltavo
la voce, non seppi mai quale fosse il volto di quella creatura che mi era
passata accanto in un soffio, non andai al suo funerale, non ne domandai
il nome alla triste sorella che ritorno alcuni giorni dopo a raccattar le
fragili cose mortali di quell’essere per me fatto di voce.
Lasciai che quel volto marcisse lento nella sua bara, lasciai che la sua
gola tornasse alla polvere. Non seppi mai dove fosse situata la sua tomba,
né quanti anni avesse quando mori.
So solo che la sua voce e le sue note continueranno a risuonar nel mio animo,
riportandolo alla vita a ogni arpeggio.