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IL COLLEZIONISTA DI ATTIMI (Download)

Era un tiepido mattino d’Aprile e Silvia era stesa sotto una grande quercia che, con il suo antico tronco scaldato dal sole e la sua chioma frondosa, ombreggiava buona parte del giardino.
La ragazza s’era placidamente addormentata, cullata dal vento lieve che serpeggiava tra le foglie quasi dorate sotto la cascata di luce ambrata del sole nascente, il suo respiro lento e regolare era scosso solo da qualche lieve sospiro, di certo legato a un sogno felice che le occupava la mente assopita.
Sull’erba smeraldina erano sparsi i suoi capelli ramati, quasi a formare un intricato quadro astratto; i suoi occhi chiusi fremevano quando un raggio di sole riusciva a penetrare il manto di verde posto a riparo del sonno della giovinetta.

“Cogliere questo attimo, e immortalare la perfezione della pace assoluta…”
Questo era il pensiero di un’ombra che si nascondeva tra il fogliame gia da tempo, un’ombra che, come un cacciatore in attesa della preda, aveva pazientato a lungo per riuscire a catturare quello sfuggente fotogramma di pace e serenita. Un “collezionista d’attimi osava definirsi quella creatura.
Non gli occorreva alcun mezzo per imbrigliare quelle fumose e impalpabili immagini, che accoglieva nella galleria d’arte della sua mente da tempo immemorabile.
Il suo amore per i frammenti di vita era germogliato in lui sin dalla nascita.
Ricordava ancora la seggiola su cui sedeva sua madre pettinandosi e guardandolo con amore.
Nella sua mente era vivida l’immagine di quella morbida cascata d’oro zecchino.
Era stato quello il primo fotogramma carpito al mondo, il primo tentativo di una lunga serie alla ricerca della massima espressione della pace, della serenita.
Gli archivi della sua mente vantavano centinaia di attimi, alcuni tinteggiati ad ampie pennellate, piu grezzi, altri minuziosamente curati, sublimi.
Quando, all’eta di quindici anni, aveva compreso appieno il suo scopo, aveva baciato la madre ed era partito, con in tasca poche monete, alla ricerca della pace perfetta.
Piu volte nella sua peregrinazione fu convinto d’aver portato a termine il suo compito ma, ogni volta, si rendeva conto di sentirsi incompleto; provava le medesime emozioni di un collezionista di francobolli insaziabile, desideroso ogni volta di un elemento ancora piu raro per la sua collezione.

Immerso nella beatitudine dei ricordi, l’uomo si era quasi assopito sul ramo della quercia da cui stava osservando la fanciulla, non accorgendosi che la pace che pervadeva quel luogo andava incrinandosi, mano a mano che il sonno di Silvia iniziava a sgretolarsi e le palpebre della ragazza andavano fremendo sempre piu spesso.
Il petto della giovinetta s’alzava ed abbassava sempre piu rapidamente, facendo tintinnare le perline finemente cucite sull’abito verde pastello.
Qualcosa turbava il suo sonno, ma per il collezionista non era un problema, aveva portato a termine il suo compito e ora quel frammento era solo suo. Nessuno avrebbe potuto rubarglielo.
Finalmente aveva un attimo tutto per se, sfiorato solo dai suoi occhi, impresso solo nella sua memoria.

La ragazza si alzo a sedere di scatto, scossa da un breve tremito, poi, gli occhi sgranati dal timore come quelli d’una lepre, si guardo attorno, certa di essere osservata.
Ancora scossa, pur non vedendo nessuno, corse a rintanarsi tra le mura di casa dove si senti finalmente al sicuro.

Il collezionista sorrise tra sé e sé, poi, con un balzo felino, scese dall’albero e, simile ad un’ombra, scavalco il muretto per poi perdersi nella vasta campagna che gli riportava alla mente l’infanzia.

“-Matteo, Matteo…- urlava una voce soave ma preoccupata. Lui, Matteo, non ancora il Collezionista, fingeva di non sentire, assorto nella contemplazione di un ruscello. - Matteo… Matteo… Vieni dalla mamma! Dove sei piccolo mio? Dove sei? Non t’avra mangiato il lupo delle fiabe?- continuava la voce, intrisa di scherzosa disperazione.
A quel punto il bambino si alzava dalla riva ciottolosa e correva verso la voce della mamma…”
Il collezionista si riscosse dal pensiero che gli aveva intorbidito la mente poco prima di scivolare in un ruscello che scorreva impertinente invadendo il sentiero di campagna.
Dentro all’uomo, pero, la scena di quel ricordo continuava a svolgersi, in sordina.
Si sentiva in pace, finalmente in pace. Aveva concluso il suo compito, ora poteva crogiolarsi per sempre nei suoi stessi ricordi. Poteva finalmente vivere nella sua stessa mente.
“- Mamma, mamma… Un lupo mi voleva sbranare… e.. ho dovuto… ho proprio dovuto…”