CONFESSIONI DI UN CUSCINO (Download)
Da quando ero implume, involucro di un'anima non ancora sbocciata, ho
memoria della mia esistenza.
Ricordo ancora quando mani pazienti posero nel mio cuore il soffio della
vita, dandomi forma, forza e pensiero, modellando il mio corpo amorfo, rendendomi
elegante e perfetto, morbido e gentile, per poi rivestirmi d'un abito fiorito
e mandarmi nel mondo.
La mia vita, da allora, e stata una grande soddisfazione. Piuttosto noiosa,
a volte, ma non per questo priva di nota.
Tra le morbide falde del mio petto, molte generazioni di bimbi hanno imparato
ad abbandonare il ciuccio, altrettante hanno scoperto la lettura, forse
ancor di piu hanno scontato le noie e i dolori delle influenze, dei raffreddori,
della scarlattina e del morbillo.
Mai, pero, in questi anni di fedele servizio, ho sofferto e gioito come
ora, immerso in un nuovo pacato sentimento che scandisce il ritmo delle
mie giornate solitarie.
I miei giorni trascorrono placidi, marcati dal ticchettio nervoso della
giovane sveglia che alloggia a poche spanne da me e che non riesce ad impedirsi
di trillare ad ogni ora. Da parte mia, quel ticchettio mi aiuta a contare
i minuti, le ore che mi dividono da lei. Dal suo splendido viso, dai suoi
morbidi capelli dorati, dalla sua pelle calda.
Ammetto solo ora dinnanzi a me stesso, di amarla da tanto, troppo tempo
e di attenderla ogni sera con grande timore.
Timore di ricevere le sue carezze, i suoi baci casti sul mio petto fiorito,
mentre sussurra un nome che non e il mio, timore di ricevere i suoi pugni
capricciosi, amaro frutto di una giornata sbagliata, timore di dover raccogliere
sulla mia stoffa, tra le piume che mi riempiono il cuore, le sue lacrime
d'amore acerbo, timore di dover soffocare la tosse nervosa che la scuote
ogni notte.
Ammetto pero di attendere con malcelata pazienza che le sue labbra dormienti
mi sfiorino, che le sue mani calde si stringano a me in cerca di conforto.
Pacatamente incasso ogni notte i suoi colpi, mentre il mio cuore di vecchie
piume diviene di piombo, mentre prego che il mio corpo informe e giallastro
possa diventare di carne e di sangue per stringerla a me, per mormorarle
che non e sola nella notte gelida che attanaglia il suo cuore.
Ho sempre pensato d'averle dato il meglio, di essere stato un cuscino perfetto per i suoi sonni agitati. Eppure da alcune notti non vedo piu il suo viso, e i suoi boccoli non si posano piu tra le mie stoffe. Il mio cuore e attanagliato dal terrore dell'abbandono, mentre la polvere si poggia lenta e inesorabile sul mio ventre fiorito.
Stamani, mentre ancora vagavo tra il sonno e la veglia e nella mia mente
balenavano mille domande e mille dubbi, due mani callose mi hanno stretto
in una morsa soffocante, gettandomi al suolo con gesto brusco.
Mi sono guardato attorno, attonito, e ho visto torreggiare su di me un viso
squadrato, rubizzo, dagli occhi colmi d'ira. Al suo fianco, appoggiata al
muro e col respiro mozzo, vi era la donna che ogni giorno si occupava di
aggiustare la mia forma, di posizionarmi con cura sotto il risvolto del
lenzuolo, di lisciare le mie pieghe, la donna il cui capo, quando era bambina,
sono certo di aver custodito sul mio petto.
- Caro... Cosi non risolvi nulla... Lei... non ritornera... Ormai, ormai
e in Cielo...- l'ho sentita mormorare, mentre poggiava una mano tremante
sulla spalla nerboruta dell'uomo, il viso rigato da lacrime amare, gli occhi
sbarrati a contemplare l’infinito.
- Lo so! So che non tornera! E' morta, Cristo! Tutta colpa di questa maledetta
polvere, di questo maledettissimo letto! Di questo disgustoso cuscino!-
urla lui in risposta, premendo il piede sul mio corpo tramortito.
- No, no! E' colpa nostra! Avrei dovuto pensare che questo letto, questo
cuscino... erano troppo vecchi per essere usati ancora... Ma come potevo
immaginare che potessero darle la morte?-
- E’ colpa mia, Signore! Perché non sono riuscito a guadagnare abbastanza
per dare a mia figlia un cuscino decente?- urla l’uomo, il viso contorto
dalla rabbia.
Non respiro, quel piede sul mio ventre, il pensiero che non la rivedro piu,
non sentiro piu la sua voce, le sue lacrime, le sue labbra sulla stoffa
del mio petto, la certezza d'essere io il colpevole della sua morte, io
e i maledetti acari che hanno scelto di abitare il mio corpo come virus
infetti.
La certezza di essere un aberrante rifiuto, un vecchio e malconcio arnese
da buttare.
Tutto si appanna, e la mia mente scivola nell'oblio.
- Vi prego, vi prego... consentitemi d'essere almeno il cuscino su cui poggera
il capo nella sua bara di pino... Io l'amavo quanto voi... piu di voi...-
Sono queste le ultime parole che riesco a mormorare, inudibili alle loro
orecchie, prima di sprofondare nel chiarore della morte.
Lo ammetto. L'ho amata e l'ho uccisa. Per questo ho pagato con la vita.